Enrosadira Rosengarten/Catinaccio | © Valentin Pardeller
10 anni delle Dolomiti Patrimonio Mondiale UNESCO
Lara
Autore Lara Sinner
Datum 29.07.2019
Tag Natura & sostenibilità
Dolomiti Patrimonio Mondiale UNESCO

10 anni delle Dolomiti Patrimonio Mondiale UNESCO

Per ottenere il riconoscimento di Patrimonio Mondiale, i siti naturali devono essere caratterizzati da un’estetica eccezionale, avere un’importanza geologica, biologica ed ecologica fuori dal comune e contenere habitat importanti per la diversità biologica. Inoltre occorre un programma di protezione che garantisca la preservazione del monumento naturale. Nella Val d’Ega vi sono addirittura tre giganti rocciosi che soddisfano tutti questi criteri: il Parco Naturale Sciliar-Catinaccio, il Latemar e il GEOPARC Bletterbach dal 26.06.2009 – esattamente da 10 anni – fanno parte delle Dolomiti Patrimonio Mondiale UNESCO e quindi sono davvero unici in tutto il mondo. Per noi questo è naturalmente un motivo per festeggiare!

Testimoni di pietra – L’atollo delle Dolomiti della Val d’Ega

“Les plus belles constructions des mondes” – così l’architetto Le Corbusier una volta si struggeva per le Dolomiti e la loro straordinaria varietà delle forme. E non sorprende, poiché sono davvero un miracolo: un miracolo della natura! Soprattutto i due giganti del Catinaccio e del Latemar, con le loro vette e torri a punta, le loro vertiginose pareti e i loro pianori, sono tra le montagne più fotografate al mondo.

I due giganti antichi

A seconda della prospettiva, il mutevole massiccio montano del Catinaccio, che si erge tra Tires, la Val d’Ega e la Val di Fassa, si mostra con un volto diverso: da Bolzano il Catinaccio, ovvero il Rosengarten , è un monolite gigantesco con tetto piano, dall’Alpe di Siusi mostra le sue gole e i suoi crepacci profondi e dal lato ovest si può ammirare una serie apparentemente infinita di picchi e guglie di roccia – ciò che resta di una scogliera vecchia ben 240 milioni di anni. Davvero incredibile che qua una volta c’era solo mare!

E anche la roccia più friabile del Latemar, che va dalla Val di Fiemme in Trentino alla Val d’Ega, presenta un chiaro strato di pietra magmatica e fossili d’origine marina – una traccia di una laguna antica, isolata da una scogliera. Nel Lago di Carezza si rispecchiano con una bellezza del tutto particolare gli strati orizzontali ancora visibili alternati da scarpate oblique. 

Il libro di storia più vecchio dell’Alto Adige

Il sistema del Patrimonio Mondiale Sciliar-Catenaccio / Latemar è particolarmente interessante dal punto di vista morfologico: un continuo intercalare tra diverse altezze e pianure, strappi tettonici attraverso superfici di frattura, una struttura rocciosa ricca e variegata (calci chiare da un lato, detriti vulcanici dall’altro), le disgregazioni, i testimoni delle oscillazioni del clima e dei movimenti delle masse si aprono alla vista come un gigantesco libro di storia fatto di pietre e massi.
Anche a livello internazionale, i due antichi massicci sono una delle principali aree di ricerca degli atolli fossili dell’età del Triassico. Qui sono stati riconosciuti e formulati i principi di base della geologia.

Al giorno d’oggi, sono soprattutto la struttura territoriale e la bellezza di queste montagne ad ammaliare un numero infinito di escursionisti e amanti della natura. E questo a qualsiasi ora del giorno – anche all’alba o al tramonto, poiché a quell’ora si presenta l’Enrosadira, il fenomeno che fa incendiare le pareti delle Dolomiti, i due atolli della Val d’Ega che assumono un color rosa, rosso o addirittura viola.

Il Dolomites UNESCO Geotrail è una meta imperdibile per chiunque desideri vivere sulla propria pelle il Patrimonio Mondiale UNESCO delle Dolomiti: sul Geotrail si attraversano le Dolomiti altoatesine in 10 giorni – la 2° tappa (difficoltà media, 7 ore, 20,3 km) porta dal Passo di Lavazè al Passo di Costalunga, mentre la 3° tappa (difficile, 6,2 ore, 15,2 km) dal Passo di Costalunga al cuore del Catinaccio. 

 

“Si levavano alte nel cielo, bagnate dalla luce del sole e stranamente assomiglianti alle canne di un ciclopico organo”

[J. Gilbert, The Dolomite Mountains, 1864]
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